Ammissibilità in appello dei mezzi di prova “sopravvenuti”. Il principio dispositivo con metodo acquisitivo e il divieto di nova in appello (nota a Cons. di Stato, Sez. II, 26 gennaio 2024, n. 845)

Ammissibilità in appello dei mezzi di prova “sopravvenuti”. Il principio dispositivo con metodo acquisitivo e il divieto di nova in appello (nota a Cons. di Stato, Sez. II, 26 gennaio 2024, n. 845)

di Carmine Filicetti

Sommario: 1. La vicenda giuridica – 2. Il principio dispositivo con metodo acquisitivo – 3. Il divieto di nuove domande e le sue deroghe – 4. Conclusioni

1. La vicenda giuridica.

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato veniva chiamato a pronunciarsi su un ricorso proposto dal Caporal Maggiore Capo dell’Esercito Italiano al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di riconoscimento di infermità, dipendente da causa di servizio e del beneficio dell’equo indennizzo, nonché del sotteso parere negativo del Comitato di verifica per le cause di servizio.

Si chiedeva, inoltre, la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni, derivante da responsabilità contrattuale ex art. 2087 cod. civ[1]., in relazione alla malattia riscontrata dal ricorrente causalmente riconducibile alle modalità ed alla tipologia del servizio prestato in occasione delle missioni internazionali all’estero.

Sulla vicenda, il giudice di prime cure, sulla scorta del rilievo scientifico a mente del quale «il rischio per la salute riconducibile all’esposizione all’uranio impoverito sussiste significativamente solo per l’effetto dell’inalazione di sostanze cancerogene a seguito dell’impatto dei proiettili all’uranio impoverito, ossia solo per chi si sia trovato a brevissima distanza di tempo da un mitragliamento con l’utilizzo di uranio impoverito e nell’immediate vicinanze di veicoli o edifici colpiti»[2], aveva ritenuto che la malattia contratta dal ricorrente non era eziologicamente collegata all’attività da questi svolta. 

In sostanza, secondo l’organo giudicante, la partecipazione ad azioni di guerra sul terreno era condizione necessaria per l’insorgere dei danni derivanti da esposizione ad uranio impoverito: condizione non verificatasi nel caso di specie, atteso che il ricorrente aveva svolto soltanto mansioni di conduzione di automezzi.

Dalla vicenda, portata dinanzi al Tar, ne derivava sentenza di rigetto, avverso la quale il Caporal Maggiore Capo dell’E.I. proponeva appello. 

Dinanzi al Consiglio di Stato l’appellante deduceva il vizio di carenza di istruttoria – sia per il parere del comitato di verifica, sia per la sentenza del Tar – sulle attività effettivamente svolte, sull’inquinamento chimico, fisico e radioattivo nel territorio dell’area balcanica e sul mancato impiego di dotazione tecnica specifica per lo svolgimento delle operazioni. 

A tanto aggiungeva che il Tar adito non aveva disposto una verificazione o una c.t.u., alla cui mancanza chiedeva di supplire, presentando apposita relazione di parte di cui chiedeva l’ammissione. 

Di tale relazione il Consiglio di Stato ammetteva la produzione e ne disponeva la verificazione, sostenendo che si trattasse di «atto che la parte appellante non aveva potuto produrre in primo grado, a causa della veloce definizione di quel giudizio e del tempo resosi necessario per l’acquisizione dei materiali biologici presso l’Ospedale che li deteneva, oltre che per la complessità dell’indagine»[3].

L’ammissibilità della relazione nel giudizio in appello apre la strada ad una serie di riflessioni sul divieto di nova probatori in appello e sulle sue eccezioni[4].

2. Il principio dispositivo con metodo acquisitivo

Il processo amministrativo viene configurato come processo a carattere soggettivo, in conformità con quanto previsto dall’art. 24 comma 1 Cost.; il fine risulta essere la tutela di una situazione giuridicamente protetta, in cui il soggetto che ne è titolare, lamentando una lesione di quell’interesse, chiede giustizia dinanzi agli organi giurisdizionali, non avendo potuto conseguire il risultato sperato al di fuori del processo. Ciò significa che il processo amministrativo, al pari di quello civile, risponde al principio della domanda, espresso dagli artt. 99 e 112 c.p.c., i quali trovano riscontro, oltre che in virtù del rinvio esterno operato dall’art. 39 c.p.a., anche in relazione al disposto degli art. 41, co.1, e 34, co.1, c.p.a., a norma dei quali, rispettivamente “le domande si introducono con ricorso” ed il giudice adotta le pronunce previste dal codice “nei limiti della domanda”. 

Pur non mancando chi ha affermato che il processo amministrativo «sia stato progressivamente ricostruito come processo di parti, muovendo però da un impianto (normativo e teorico) che mostrava i caratteri della giurisdizione oggettiva, nell’interesse della legalità delle decisioni autoritative»[5], tuttavia, il giudizio è anche, fuor di dubbio, caratterizzato dalla asimmetria delle parti.

In alcune ipotesi, tale squilibrio, può riflettersi sulla disponibilità delle prove, atteso che il soggetto privato possa trovarsi nella complicata condizione di non essere nella possibilità di acquisire le necessarie evidenze, essendo le stesse nell’esclusivo possesso dell’amministrazione[6].

Da ciò, si rende necessario che il giudice amministrativo conservi poteri istruttori[7], utili a realizzare in concreto il bilanciamento delle posizioni processuali di parte privata e parte pubblica e da tali peculiari caratteristiche, emergerebbe la natura del processo amministrativo come tendenzialmente “oggettiva”, in antitesi alle regole dei processi a carattere soggettivo, base di partenza dalla quale era stato originariamente ideato e concepito. 

Il giudice diviene “signore della prova”[8], nel senso che gli sarebbe concesso il naturale potere di alterare il gioco delle parti in virtù della soluzione individuata come giusta nel rapporto sostanziale; l’attività istruttoria del giudice, se non può mai tradursi nella sostituzione della parte rimasta inerte nell’allegazione e nella successiva prova dei fatti, può invece sempre essere diretta ad evitare che la posizione di debolezza del privato rispetto al potere gli impedisca di far valere nel processo la propria pretesa.

Nondimeno, nella sentenza in commento, parte ricorrente non si era fatta trovare inerte in ordine all’allegazione della prova, ma risultava semplicemente sfornita di questa a causa della veloce definizione del giudizio di primo grado, che non aveva lasciato al ricorrente il tempo necessario per l’acquisizione dei materiali biologici.

In altri termini, anche se nel processo amministrativo vige il principio per cui l’onere della prova incombe sulla parte ricorrente, il giudice mantiene un significativo ed autonomo potere di acquisizione probatoria, utile a compensare gli squilibri derivanti dalla diversa natura delle parti in giudizio e seppur è indubbio che il processo amministrativo è processo di parti – come parrebbe dimostrato dalle norme della Costituzione e del c.p.a. che disciplinano l’istruttoria amministrativa – dalle evidenze processuali emergono tratti che mettono in crisi tale impostazione.

Nel caso de quo il giudice ammetteva la produzione, mancante in primo grado, e ne disponeva la verificazione esercitando così i suoi forti e penetranti poteri, utili a definire il cd. “principio dispositivo con metodo acquisitivo”[9] ricavabile dall’art 64 cod. proc. amm. a mente del quale sulla parte interessata a provare un fatto grava un onere probatorio alleggerito, essendo sufficiente che essa produca un principio di prova, fermo l’onere di definire con precisione il thema probandum, allegando tutti i fatti da provare in modo sufficientemente circostanziato. 

Specularmente, il giudice ha un potere-dovere di acquisire ulteriore materiale probatorio integrativo in soccorso della parte che, senza sua colpa, non era nelle condizioni di fornire la piena prova nel momento acquisitivo dell’istruttoria; tale impostazione inevitabilmente si riflette sul giudizio di appello con in quest’ultimo di “elementi potenzialmente sovversivi”[10].

3. Il divieto di nuove domande e le sue deroghe

Preliminarmente, deve rammentarsi che l’appello è un mezzo di impugnazione devolutivo, atteso che trasferisce al giudice di secondo grado la stessa controversia decisa dal giudice di primo grado.

La portata dell’effetto devolutivo, però, non può travalicare i confini della controversia fissati in primo grado. 

In tal senso rileva l’art 104 comma 1 cod. proc. amm. ai sensi del quale nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio[11]. La norma sancisce il divieto di ius novorum,che impedisce l’ampiamento in appello del thema decidendum, attraverso la proposizione di nuovi motivi o l’ampliamento dei motivi precedentemente dedotti. Secondo un orientamento ormai consolidato, il divieto di motivi nuovi in appello costituisce la logica conseguenza dell’onere di specificità dei motivi di impugnazione (in primo grado) del provvedimento amministrativo e più in generale dell’onere di specificazione della domanda da parte di chi agisce in giudizio. 

Nondimeno, la regola generale conosce più di un’eccezione. 

Precisamente, il comma terzo dell’art 104 consente la proposizione di motivi aggiunti – e, dunque, nuovi – qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o dei provvedimenti amministrativi impugnati[12].

Allo stesso modo, esiste deroga al divieto generale, nella previsione del comma 2 nella parte in cui ammette nuovi mezzi di prova e consente la produzione di documenti nuovi, in tutte quelle fattispecie in cui il giudice li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.

Tale situazione si è di fatto verificata nel caso di specie e, sulla ritenuta impossibilità della parte di produrre in primo grado la relazione scientifica, il giudice ha dichiarato l’ammissibilità del nuovo mezzo di prova.

In sede di prima applicazione delle disposizioni del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, la giurisprudenza amministrativa ha affrontato alcune importanti questioni interpretative relative alla portata del divieto in parola.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha confermato che il divieto di nova in appello concerne le prove precostituite (documenti) al pari di quelle costituende e che i presupposti per derogare al divieto in questione (indispensabilità ai fini della decisione e impossibilità incolpevole di proporli o produrli nell’ambito del primo giudizio) hanno carattere alternativo e non cumulativo. 

Sebbene la vicenda oggetto di commento sia caratterizzata dall’avverarsi del secondo presupposto richiamato dal comma 2 dell’art. 104 c.p.a, non possono omettersi talune riflessioni sul requisito della indispensabilità della prova ai fini della decisione.

Il concetto di indispensabilità deve essere indagato alla luce della consolidata giurisprudenza che non considera prova indispensabile «quella di per sé idonea  a eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio, oppure provando quello che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa nelle preclusioni istruttorie del primo grado»[13], bensì la prova prodotta per la prima volta in appello, funzionale alla dimostrazione di un fatto concernente un’eccezione in rito rilevabile d’ufficio dal giudice, dunque sempre ammessa, nonché quelle prove per cui si dimostri l’impossibilità, per la parte, di acquisire la conoscenza dei fatti dedotti in giudizio con altri mezzi che ella aveva l’onere di fornire, nelle forme e nei tempi stabiliti[14]

In definitiva, possono considerarsi indispensabili soltanto quelle prove che in base a circostanze oggettive non potevano essere prodotte in primo grado, perché la parte non ne aveva la disponibilità ovvero perché l’esigenza probatoria è sorta ex novo in grado di appello[15].

Quanto sin ora esposto, consente di rilevare che il criterio utilizzato ha la capacità di modulare i poteri istruttori del giudice; questi possono essere ampliati ovvero restrinti in relazione al caso concreto e da ciò deriva, inevitabilmente, una significativa flessibilità interpretativa.

4. Conclusioni

L’ammissibilità di nuove prove documentali, attraverso la valorizzazione del metodo acquisitivo, non si pone in contrasto con il divieto di cui all’art 104 comma 2, laddove il giudice abbia constatato l’impossibilità di una preventiva acquisizione ovvero l’indispensabilità ai fini della decisione.

Nella vicenda in esame il Consiglio di Stato si era persuaso considerando la veloce definizione del giudizio di prime cure che non aveva lasciato il tempo necessario per l’acquisizione dei materiali biologici a parte ricorrente. L’esercizio di poteri officiosi da parte del giudice amministrativo, come osservato da autorevole dottrina[16], deve essere inteso come «risorsa fondamentale per assicurare l’effettività della tutela nei confronti dell’amministrazione e la giustizia nell’amministrazione». 

Il sotteso principio dispositivo con metodo acquisitivo si giustifica allora alla luce della sostanziale disparità che caratterizza le parti del processo amministrativo sotto il profilo dell’accesso al materiale probatorio: il fondamento del principio si rinviene evidente nella ratio riequilibratrice, peraltro coerente con il principio della vicinanza della prova.

Non è novità, infatti, che vi sia una sostanziale differenza fra la regola probatoria posta dall’art. 2697 c.c. e quella di cui all’art 64, comma 1, c.p.a. in quanto, nel processo amministrativo deve riconoscersi una certa flessibilità nella definizione dei criteri di riparto dell’onere della prova, non essendo quelli cristallizzati in uno schema precostituito e astratto, piuttosto calibrati sul principio della vicinanza o disponibilità della prova[17].

D’altra parte, il potere riconosciuto al giudice, per non snaturare l’essenza del processo amministrativo, deve essere esercitato entro confini specificati, il rischio è quello di incorrere in una ricostruzione diversa dalla realtà fattuale, anche grazie ai limiti e alle decadenze offerte dalla normativa, ben potendo l’indeterminata discrezionalità del giudice sfociare in esiti contrastanti con quelli individuati a monte dal legislatore[18].

[1] Cfr. sul punto Cons. di Stato, sez. II, 3 novembre 2023, n. 9523, ove in ragione dell’esposizione a sostanze nocive il giudice stabiliva che: “L’Amministrazione della difesa, quale Ente datoriale, è sottoposta agli obblighi di protezione stabiliti dall’art. 2087 c.c., che impone a quanti ricorrano ad energie lavorative di terzi di adottare “misure” idonee, secondo un criterio di precauzione e di prevenzione, a “tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. La disposizione, che enuclea un dovere di protezione che arricchisce ex lege (cfr. art. 1374 c.c.) il rapporto obbligatorio riveniente dal contratto di lavoro, non ha una portata solo settoriale ma, al contrario, delinea un principio generale di tutela del prestatore di lavoro che si proietta prismaticamente in tutto l’ordinamento: come tale, integra un referente normativo e valoriale di impatto sistemico e, pertanto, trova applicazione anche nel caso del rapporto di impiego o, comunque, di servizio fra il militare e l’Amministrazione della difesa”.

[2] Cfr. sentenza in commento, p. 2.

[3] Cfr sentenza in commento, p. 4.

[4] F. Saitta, I nova nell’appello amministrativo, Milano, 2010; Id., Processo amministrativo ed appello incidentale: “vetera et nova”, in Dir. proc. amm., 4/2020, 862-892; Id., La «correzione del tiro» nel processo amministrativo: oscillazioni giurisprudenziali in tema di “emendatio” e “mutatio libelli”, in Dir. e proc. amm., 3/2020, 663-710, R. Vaccarella, Il divieto dei “nova” nell’appello del giudizio amministrativo, V. Domenichelli, Le sopravvenienze in appello: introduzione al tema, M. Lipari, Le sopravvenienze nel giudizio di appello, tutti in F. Francario – M.A. Sandulli, La sentenza amministrativa ingiusta ed i suoi rimedi, Castello di Modanella (Siena), 19-20 maggio 2017, Napoli, 2018.

[5] L.R. Perfetti, L’istruzione nel processo amministrativo e il principio dispositivo, in Riv. dir. proc., 2015, 72.

[6] Aa.Vv., Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa. In ricordo di Leopoldo Mazzarolli, F. Francario – M.A. Sandulli (a cura di), Napoli, 2017; M.A. Sandulli, Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa: il confronto, in www.federalismi.it, febbraio 2017; G.D. Comporti, Il giudice amministrativo tra storia e cultura: la lezione di Peir Giorgio Ponticelli, in Dir. proc. amm., 2014, 3, 743-826; V. Cerulli Irelli, Legittimazione “soggettiva” e legittimazione “oggettiva” ad agire nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2014, 2, 341-390; A. Travi, Recenti sviluppi sul principio della domanda nel processo amministrativo, in Foro it., 5, 2015, III, 286 ss; E. Follieri, Due passi avanti e uno indietro nell’affermazione della giurisdizione soggettiva (nota a Cons. Stato, Ad. Plen. 27 aprile 2015, n. 5), in Giur. it., 2015, 10, 2192-2203, B. Marchetti, Il giudice amministrativo tra tutela soggettiva e oggettiva: riflessioni di diritto comparato, in Dir. proc. amm., 2014, 1, 74-106.

[7] F. Benvenuti, L’istruzione nel processo amministrativo, Enc. Dir., vol. XXIII, Milano, 1973, 204 -211; F.G. Scoca, Mezzi di prova e attività istruttoria, in Il processo amministrativo, Commentario a cura di A. Quaranta – V. Lopilato, Milano, 2011, 539 ss.; L.R. Perfetti, Prova (diritto processuale amministrativo), in Enciclopedia del diritto, annali 2008, Milano, 917-946; Id., L’istruzione nel processo amministrativo e il principio dispositivo, in Dir. proc., 2015, 1, 72-103; A. Police, I mezzi di prova e l’attività istruttoria, in Il nuovo diritto processuale amministrativo, G.P. Cirillo (a cura di), cap. 17, Padova, 2014; C.E. Gallo, Istruzione nel processo amministrativo, in Dig. Disc. Pubbl., vol. IX, Torino 1994, 8-15; Id., I poteri istruttori del giudice amministrativo, in Ius publicum, 2011; F. Saitta, Vicinanza alla prova e codice del processo amministrativo: l’esperienza del primo lustro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 3/2017, 911 ss.; L. Bertonazzi, L’istruttoria nel processo amministrativo di legittimità: norme e principi, Milano, Giuffrè, 2005; A. Chizzini, I poteri istruttori del giudice amministrativo in generale e nella giurisdizione esclusiva, in AA.VV., Il processo davanti al giudice amministrativo. Commento sistematico alla legge n. 205/2000, B. Sassani – R. Villata (a cura di); A. Chizzini – L. Bertonazzi, L’istruttoria, in Aa.Vv., Codice del processo amministrativo. Dalla giustizia amministrativa al diritto processuale amministrativo B. Sassani – R. Villata (a cura di), Torino, Giappichelli, 2012; M.A. Sandulli, Riflessioni sull’istruttoria tra procedimento e processo, in Dir. e soc., 2/2020, 195-221.

[8] Sul punto cfr., M. Nigro, Il giudice amministrativo “signore della prova”, in Foro it. 1976, V, c. 9.

[9] Sul principio dispositivo con metodo acquisitivo, si veda tra gli altri, M. A. Sandulli, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato ed ai giudici sottordinati, Napoli 1963, 234; R. Villata, Riflessioni introduttive allo studio del libero convincimento del giudice nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm. 1990, 201 e ss.; Id., Considerazioni in tema di istruttoria, processo e procedimento, in Dir. proc. amm. 1995, 195 e ss.; L. Migliorini, L’istruzione nel processo amministrativo di legittimità, Padova 1977; Id., Istruzione (istruzione del processo amministrativo), in Enc. giur., Roma 1990, vol. XVIII; Id., Bervi note sulla posizione del giudice e delle parti nel processo amministrativo, in Scritti in onore di Giannini, I, Milano 1988, 451; F.G. Scoca, Commento all’art. 63, in Lopilato e Quaranta (a cura di), Il processo amministrativo, Milano 2011, 535; G. Corso, Istruttoria nel processo amministrativo, in Enc. giur., Roma 2003, vol. XVIII; G. Abbamonte, La prova nel processo amministrativo, in Riv. amm. Rep. it. 1985, 679; C.E. Gallo, La prova nel processo amministrativo, Milano 1994; Id., L’istruttoria processuale, in Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Diritto amministrativo speciale, 2ª ed., V, Milano 2003, 4391 ss.; Virga G., Attività istruttoria primaria e processo amministrativo, Milano 1991; A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino 2010, 256 ss.; A. Police, Il ricorso di piena giurisdizione avanti il giudice amministrativo, vol. II, Milano 2001; Id., Istruzione preventiva e processo amministrativo: riflessioni a margine di una recente pronuncia, in Dir. proc. amm. 1998, 629; F. Saitta, I nova nell’appello amministrativo, op cit. 289 ss.; Degli Esposti, Appunti sull’istruttoria nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm. 1991, 276; L.R. Perfetti, Sull’istruttoria nel processo amministrativo oltre il “metodo acquisitivo”. Osservazioni sulla relazione tra art. 64 c.p.a. ed art. 213 c.p.c., in Scritti in memoria di Roberto Marrama, Napoli 2012, 739; Id., Prova (processo amministrativo), in Enc. dir. Annali, II, 2, Milano 2009, 917; F. Saitta, Vicinanza alla prova e codice del processo amministrativo, op. cit.; M. Nigro, Il giudice amministrativo “signore della prova”, op. cit., 6 ss.

[10] Cfr. L.R. Perfetti, “L’istruzione nel processo amministrativo e il principio dispositivo”, op. cit.

[11] Sul punto il Consiglio di Stato ha precisato che “il divieto di domande o eccezioni nuove in appello ex art. 104, comma 1, c.p.a. si applica solo all’originario ricorrente, poiché solo a quest’ultimo, una volta delimitato il thema decidendum con i motivi di impugnazione articolati in primo grado, è precluso un ampliamento dello stesso nel giudizio d’appello; viceversa, rispetto alle parti resistenti il medesimo divieto va inteso come riferito alle sole eccezioni in senso tecnico, non rilevabili d’ufficio, ma non anche alle mere difese rispetto agli altrui motivi di impugnazione, il cui accoglimento determina l’interesse a formulare ogni censura volta ad ottenere la riforma della sentenza in sede d’appello” (Cons. di Stato, sez. III, 25 marzo 2021, n. 2530).

[12] A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, cit.; F.G. Gallo, Giustizia amministrativa, cit.; R. Villata, Considerazioni sull’effetto devolutivo dell’appello nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1985, 131 ss.; F. Patroni Griffi, Il metodo di decisione del giudice amministrativo, in La sentenza amministrativa ingiusta e i suoi rimedi, cit., 43 ss.; M. Taruffo, Giustizia, procedure e processo, in Ragion pratica, 9/1997; B. Pastore, Giusto processo e verità giudiziale, Filosofia del diritto, unife.it.; F. Francario – M.A. Sandulli, La sentenza amministrativa ingiusta ed i suoi rimedi, cit.

[13] In tale circostanza le S.U. erano state chiamate a pronunciarsi sul contrasto esistente tra le sezioni semplici a proposito del concetto di prova indispensabile ai sensi dell’art. 345, comma 3, cod. proc. civ. nel testo (coincidente con quello attuale dell’art. 104, comma 2, cod. proc. amm.) vigente prima dell’ultima novella apportata dall’art. 54, comma 1, lett. b), del d.l. n. 83 del 2012, convertito nella legge n. 134 del 2012 (Corte di Cassazione, Sez. Unite, 4 maggio 2017 n. 10790).

[14] Sul tema della produzione di nuovi mezzi di prova in appello il Consiglio di Stato ha stabilito, a più riprese, che questa è subordinata alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile alla parte di esibirli in primo grado, ovvero alla valutazione di indispensabilità collegata all’impossibilità di acquisire la conoscenza di quei fatti con altri mezzi che la parte avesse l’onere di fornire nelle forme e nei tempi stabiliti dalla legge, sul punto cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2018, Cons. Stato, Sez. III, 22 maggio 2019; Cons. Stato, Sez, IV, 17 luglio 2018.

[15] R. Dagostino, Principi e regole dell’istruttoria in appello e intellegibilità della decisione giudiziaria. A proposito di una sentenza “oscurata” (nota a Cons. Stato, Sez. IV, 27 luglio 2021 n. 5560), in Giustizia insieme, 2021.

[16] M.A. Sandulli, La giurisdizione plurale: Giudice e potere amministrativo. La “risorsa” del giudice amministrativo, in Questione Giustizia, 1/2021.

[17] F. Saitta, Vicinanza alla prova e codice del processo amministrativo, op. cit.

[18] R. Dagostino, Principi e regole dell’istruttoria in appello e intellegibilità della decisione giudiziaria. A proposito di una sentenza “oscurata” (nota a Cons. Stato, Sez. IV, 27 luglio 2021 n. 5560), op.cit.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *